Mi ricordo che anni fa
di sfuggita dentro un bar
ho sentito un juke-box che suonava
e nei sogni di bambino
la chitarra era una spada
e chi non ci credeva era un pirata!
e la voglia di cantare
e la voglia di volare
forse mi è venuta proprio allora
forse è stata una pazzia
però è l'unica maniera
di dire sempre quello che mi va
Non potrò mai diventare
direttore generale
delle poste o delle ferrovie
non potrò mai far carriera
nel giornale della sera
anche perché finirei in galera!
mai nessuno mi darà
il suo voto per parlare
o per decidere del suo futuro
nella mia categoria
è tutta gente poco seria
di cui non ci si può fidare
Guarda invece che scienziati,
che dottori, che avvocati,
che folla di ministri e deputati!
pensa che in questo momento
proprio mentre io sto cantando
stanno seriamente lavorando!
per i dubbi e le domande
che ti assillano la mente
va da loro e non ti preoccupare
sono a tua disposizione
e sempre, senza esitazione
loro ti risponderanno
io di risposte non ne ho
io faccio solo rock'n' roll
se ti conviene bene
io più di tanto non posso fare
Gli impresari di partito
mi hanno fatto un altro invito
e hanno detto che finisce male
se non vado pure io
al raduno generale
della grande festa nazionale!
hanno detto che non posso
rifiutarmi proprio adesso
che anche a loro devo il mio successo,
che son pazzo ed incosciente
sono un irriconoscente
un sovversivo, un mezzo criminale
Ma che ci volete fare
non vi sembrerò normale
ma è l'istinto che mi fa volare
non c'è gioco ne finzione
perché l'unica illusione
è quella della realtà, della ragione
però a quelli in malafede
sempre a caccia delle streghe
dico: no! non è una cosa seria
e così e se vi pare
ma lasciatemi sfogare
non mettetemi alle strette
e con quanto fiato ho in gola
vi urlerò: non c'è paura!
ma che politica, che cultura,
sono solo canzonette
Dopo il mio video dove
attacco la cultura americana, nella mediocrità, sento la necessità
di dire che questa è la cultura dominante di questi tempi. Una cultura che si è
diffusa con diverse velocità e profondità in tutto il mondo
occidentale. La cultura del reality e
la realtà della cultura.
La cultura del “Grande
Fratello”, di MTV e di “Tu si che vali”, di “Amici di Mafia
di Filippi”. Improntata al successo facile, del pensare a se stessi
e non occuparsi del prossimo.
Dunque la critica è
rivolta è tutti, anche a me e a tutto il mio popolo italico.
Anche perché sono stato
accusato di parlare di un paese straniero, che mi ospita ora. Quindi
devi dimostrare rispetto. Quando veniamo attaccati,
criticati sui comportamenti, sul nostro stile di vita, su una
mentalità... l'atteggiamento è di chiusura.
Poi c'è il fattore
generalizzazioni: il racchiudere il tutto in un utile recipiente da
cui trarre facili conclusioni. Non si guarda il caso specifico. È
chi riceve il messaggio che ci si identifica o meno. Non tutti sono
così, lo so. Non tutti siamo “pizza e mandolino”, non tutti
siamo disoccupati, ma la maggioranza si, non tutti sono
individualisti, arrivisti, che non leggono e non si informano...
questo video è rivolto
alle persone di buona coscienza, dallo spirito libero e dalla mente
aperta. Che si fanno un esame di coscienza. Per quelli che vogliono
cambiare, perché sanno che se si vuole migliorare bisogna accettare
le sfide, capire i propri errori e così crescere. L'autocritica è
fondamentale.
Noi Italiani abbiamo un
concetto molto labile della parola “amico”. Amico può essere
tutto, nella vita si devono aiutare gli “amici”. A volte gli
diamo un valore talmente importante da cancellare e abolire tutte le
regole, quando il troppo amore e il troppo rispetto per un amico,
diventa quasi un male.
Così per esempio se ci
scade la Carta d'identità e la dobbiamo rinnovare, il primo pensiero
è quello di trovare un “amico” che lavora al comune. Che ti può
far saltare la fila, salvare il tempo e passare davanti agli altri
che non hanno un amico al comune. O magari se ci serve di
fare una visita all'ospedale, un'analisi: pensiamo all'infermiere
amico che lavora all'ospedale e mi può fare un favore.
Piccoli esempi di un
amicizia malata, che poi ci porta in parte ad accettare che altri
amici si dividono fette più grosse come comandare un quartiere, una
città, una nazione intera. Vogliamo cercare solo un
posto al sole, in mezzo alla merda italica, prendere quei privilegi
che magari fino a ieri combattevi e criticavi che ce li aveva, ma
quando li prendi, non li vuoi più lasciare e dici ai tuoi amici: “ce
l'ho fatta, andate a fanculo”.
È ora di finirla di
chiudere gli occhi e dire che tutto fa schifo. Siamo un popolo che ha
un'alta soglia di accettazione, preferiamo non dire niente quando
vediamo un malaffare, un opportunismo, un atteggiamento mafioso.
Perché nessuno controlla. Anzi il controllore è visto come un
nemico. Come un pianta grane. Quindi a volte preferiamo stare zitti e
non ci ribelliamo come dovremmo, perché convinti che sia l'unica via
da percorrere, unico modo per fare le cose. Anche perché in qualche
modo siamo pronti a farlo pure noi, solo se ne avessimo l'occasione.
A noi ci basta poco. Un
piccolo l'interesse personale: un piatto di pasta tutti i giorni, un
bicchiere di vino, l'abbonamento di Sky e qualche “amico” che ci
possa aiutare. E poi ci lamentiamo se qualcuno viene e fa quel che
vuole nel nostro paese. Mentre noi ci chiudiamo dentro casa,
chiudiamo la porta a doppia mandata e le grate alle finestre.
Fermiamoci. Non tutto è
negativo. Siamo un popolo fantastico, bellissimo, creativo,
viaggiatore, tollerante, aperto alle culture diverse, che tutto il
mondo invidia perché conosce i piaceri della vita. Un popolo che
andava, conosceva e sapeva. Dai Romani ad oggi. Ma così come siamo
belli e bravi, se sappiamo dare anche solo il peggio di noi. I
francesi dicono “L'Italien? O sono Leonardo da Vinci o sono dei
criminali”.
E tutta quell'Italia di
mezzo? Si è appiattito verso il basso. Ci piace più essere il
Libanese o il Freddo o il Dandy di Romanzo Criminale anche nella Vita
Reale, piuttosto che sentirsi Italo Calvino, Sciascia, Benedetto
Croce o Antonio Gramsci.
Ci sentiamo tranquilli e
rassicurati dal fatto che c'è sempre uno peggio di noi, o per il
fatto che lo fanno tutti. Anche se è sbagliato. Non ci differenziamo
dal peggiore. Anzi utilizziamo il peggiore per livellare la media.
Non vogliamo cambiare, perché ci piace parlare e fare chiacchiere da
bar o chiacchiere da Facebook ora, su tutti i problemi. Parliamo di
pallone, di moda, di televisione allo stesso livello di cui parliamo
di Politica, dei morti ammazzati o della crisi, della miseria, della
fame. Ci insultiamo, ci critichiamo, ci scagliamo contro chi non la
vede uguale a noi. Fino all'odio. Per poi dimenticare tutto il giorno
dopo. Perché sorgono altri problemi.
Quindi tante Chiacchiere
senza mai arrivare a una sintesi. Dobbiamo soltanto individuare il
nemico di turno: intimidirlo, sottometterlo, fare insinuazioni, fare
illazioni: gettare un ombra di sospetto così da isolarlo per poi
eliminarlo. É Un Populismo senza un minimo di autocritica. Che per
me è fascismo.
Ma siamo veramente bravi
nojartri. Siamo veramente capaci di capire noi stessi. O siamo pronti
solo a dichiarare guerra a chi non la pensa come noi. Ogni giorno si
coltiva rancore e cinismo. Ogni giorno è una lotta. Ogni giorno ci
sentiamo sfruttati e sopraffatti. Ed è difficile sentirsi liberi
quando ci si sente attaccati da tutti gli angoli.
È da oltre 15 anni che
sento parlare solo di crisi in Italia. Ancora ricordo bene il mio
prof delle media che consigliava a mia madre di puntare su scuole di
formazione per imparare un mestiere. E sperare magari un giorno di
trovare un posto di lavoro. Ma passano gli anni e andiamo sempre
peggio.
Costretti a lavorare, se
siamo fortunati, con contratti inesistenti, con paghe da fame e senza
alcun diritto. E ci accontentiamo, anzi, dobbiamo dire pure grazie.
“Beato te che hai trovato un posto di lavoro”. “Beato te che ti
pagano e ti danno uno stipendio”.
E cosi anche il minimo
diventa impossibile da avere.
E a 30 anni, se trovi un
buco e un piccolo posto di lavoro che non ti farà mai crescere, ci
si accontenta e accettiamo quello che viene. E i sogni svaniscono e
diventiamo più cattivi con la vita.
Io purtroppo non mi sono
accontentato di scrivere per giornali con dei “dubbi” editori,
con giornalisti-politicanti come colleghi, giornali dagli strani
finanziamenti, con direttori andati in pensione a 50 anni, con tutti
i privilegi dello Statuto dei lavoratori, che ti venivano a fare la
morale. E ti vengono a dire che l'Italia fa schifo, direttore e
persone che non ti hanno mai insegnato il mestiere. Si ho studiato
all'Università, ma sinceramente la mia generazione non ho mai
trovato bravi Maestri.
Quindi Senza sicurezza.
Senza contratto fisso. Con una laurea, se sei stato bravo a finirla,
che ancora: “Bho? Che ci faccio?”... “Mamma conosci qualcuno da
qualche parte?” e si rimane a casa fino a 30 35 anni tra lavoretti,
il sugo con le polpette di mamma e si aspetta di diventare vecchi e
burberi.
Il guaio è che continui a
vivere pensando che un giorno tutto cambierà. E quando coltivi
speranze impossibili si è già un perdente.
Per questo scrivere è
bello. Mi fa credere di non essere un perdente. Perché permette di
pensare e valutare quello che l'inchiostro imprime passo dopo passo.
Quando scrivi puoi dire quello che vuoi, senza problema. Scrivere non
è uccidere. La scrittura non è parricida. Quando un uomo con la
penna, incontra un uomo con la pistola. É inutile fare filosofia:
l'uomo con la penna è un uomo morto, cari miei amici Charlie.
Soprattutto poi scrivere
sulle cose che fanno male, che colpiscono l'orgoglio, quel fottuto
orgoglio che ci chiude e ci rende soli. E in più la rabbia che
deriva da una vita mediocre e sconsolata.